Seduto, si stavo seduto, seduto come al solito, gambe
incrociate.
E il sangue non passa ad entrambi i piedi ugualmente.
Uno dei due si gonfia.
Posso immaginarmelo violaceo, ma di un viola vivo, come
quello della placenta dei vitelli appena nati, avete presente?
Mentre stavo seduto, seduto come al solito, è passato del
tempo, e non è successo niente, si può dire a rigor di logica che sia “passato
niente”.
Attraverso la scarpa, attraverso il calzino, il piede,
sinistro. Sempre più viola. Ed è pure la gamba buona. Non è bene stia così.
Così cambio posizione e ora sono seduto,seduto come al
solito, gambe incrociate,
ma all’opposto.
Ci metto un po’ ad accorgermi, ma il tempo passa e succede
niente, proprio ora, mentre ci penso.
Dalla mia non so che fare, oggi non penso, sono in sciopero.
Ieri ho pensato abbastanza.
Oggi non cammino, la discesa è umida finirei con lo
scivolare. E’ pure piena di foglie secche, e lo so mi mettono tristezza. Tutto
il tempo lì aggrappate con una foga che mi è sconosciuta,
ma niente.
Si staccano, senza emettere suoni, se non un silenzioso e
sommesso sussulto. Un fruscio.
No oggi non cammino. Oggi prendo l’autobus.
Ma non appena che il sinistro, si quello che era diventato
viola e ancora ne soffre, varca la soglia,
occhi.
Occhi dappertutto, ci saranno venti persone ma gli occhi
sono duecento.
Quanti occhi, è come la casa degli specchi dove da piccolo
mi abbandonava mio padre. Ma in questi occhi che sono piccolo vetri riflettenti
non ti ci riesci a specchiare. Dio mio ho mal di testa.
Scendo dall’autobus e si non è la mia fermata, ma fa niente,
due, tre , quattro passi. Niente foglie morte intorno al momento.
Seguo i piedi, uno dopo l’altro e di nuovo e di nuovo. Che
poi mica ci penso non so dove sto andando, ma i piedi, ora vanno che è una
meraviglia.
E chi li ferma?
Io oggi non penso, oggi li seguo.
Pensare che prima stavo seduto, seduto come al solito, gambe
incrociate.
E ora ecco, un piede e poi l’altro, dentro e fuori dal mio
campo visivo in una sequenza che pare sempre perfettamente la stessa.
Passa altro niente sotto un piede, e poi niente sotto
l’altro.
Ma io l’ho detto oggi non penso, alla fine oggi cammino e
cammino e cammino, cioè oggi seguo i miei piedi.
Qualche ciottolo a terra lo riconosco, e l’usura delle
strisce pedonali dove inchiodano le macchine. Penso… penso, e avevo detto di
no, ma alla fine eccomi.
Un gradino poi l’altro, conto le macchie, e penso, penso che
se fossi una formica sarei
più soddisfatto per ogni gradino, ma io vado a rampe e ci
penso e mi dispiace, anche perché mica mi hanno fatto scegliere.
Cactus che paiono morti, ma i cactus non muoiono sono come
quelle star bicentenarie che vedi in tv ancora in jeans e t-shirt. Che
involucri!
Terra, una ghianda infilzata nella terra dura.
La porta, è quella di casa. La guardo,
ma non entro.
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