mercoledì 26 dicembre 2012

Muore il pettirosso

                               



Tentano di entrare. Ci provano schietti e fieri. Sono in tanti, moltissimi. Hanno un gran da fare e le spalle coperte, loro. Sanno di potercela fare. E forse ce la fanno ad entrare, forse. Scappiamo, ci rintaniamo, al buio caldo, comodo, che mal di schiena è aria vecchia. Entreranno qua dentro, ce la faranno, sono bravi, sono tutti girati verso di noi, sono sputi, di sentenze. Loro non ce l'hanno fatta. È una ghiaccia insoddisfazione. Vogliono condividerla. Sono cristalli di ghiaccio, sono arrivati. Pettirossini intorpiditi al centro della strada. Il petto rosso d'amore è grigio, stolza a scatti esautorato di voglia. Un petto troppo grande per la capocchia di spillo, grigia anch'essa, il comandante, le testa, il capo, di cosa? Non c'è più voglia, perché ce n'è troppa, è possibile tutto ciò? Eppure c'è? Oppure no? Spiragli. Sono arrivati, arrivano sempre, gelati cristalli. Stordito in mezzo alla strada mi trovo. Ho lasciato aperte troppe cose.
< è morto quel pettirossino! >
< è morto? >
< Si. >  Avvilita la mamma.
Melanconia, con quella languidezza di stomaco che ha un sapore. Non è buono ma è un sapore. Melanconia. Ci fumo la pipa, nel passato, cioè ieri ce l'ho fumata sopra, però è diverso, cioè è ieri ma ce la fumo. Sopra, che saporaccio. Sopra a quell'altro.                                                                                                                                                                               

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