giovedì 20 dicembre 2012

Denti suini.





Vedi caro amico. Forse li vedi anche tu ora, forse non li vedi, sono sicuro che li hai visti almeno una volta. Ci sono quelle porte da bar dietro, se segui il mio indice, bravo, proprio lì. Le cornici nere e il vetro appannato, doppi vetri di persone fuori e triplo arredamento di persone dentro. Tanti occhi suini vaporosi accesi da una cicca. Troppi tacchini al vapore, ma non ho fame, è passata da un po’ l’ora di cena. Ormai è passata. Colabrodi di zucchero liquido inebriante. Cioè, insomma, sono loro: uomini e donne, maschi femmine, piercing e coppole. Ma che noia cha noia che noia Cristo che schifo. Ci credo che quelle caviglie sono così gonfie su quei trampoli laccati, grugnisci come un seghetto da ferro! Mi si stringe il respiro e troppo lucide sono le teste, troppo, ma che idiozia Cristo!(Santo ancora, ma dove sei?)

Via via. Son qui che ti cerco e lo sai. Vorrei solo poter affogare ancora in un paio d’occhi belli,cavolo, con quel miagolio delle ciglia, inspirare piano e sicuro il profumo di quelle mucose lunari. Che sapore quell’essenza. Ma l’illusione manca e ti ha già fregato. Si, se mi hai seguito fin ora siamo in due.
Ti ha fregato la luna, ti ha fregato il profumo della notte. E ti frega sempre come ogni ciclo, come i giardini di marzo, come quella canzone. Come quando sfogli veloce un piccolo libro dalla copertina nuova, verde, di poesie, per farti il vento sul palmo della mano. Frù frù, già andato, il vento delle muse ti sfila attraverso le dita.
Posso solo affogare in queste poche righe terribili, terribile.
Basta, da questa sera non ci cascherò più. Che affanno al cuore. Brancolanti morti con un cristallo in mano, un portafoglio di pelle di coccodrillo in tasca e un biglietto non ancora obliterato per la giostra finale. Sicuro. C’è qualche giostra ancora aperta.
C’è la risata dell’autoscontro sotto una pioggia acida, c’è il tiro a segno, quanto sei abile amico mio, c’è lo zucchero, di filato questa volta. Bene: ci sono gli hot dog , ci vuoi un po’ di maionese sopra? Ma certamente.
C’è una pila di merda: sulle teste, sull’otto volante, nei bicchieri, nelle scarpe col tacco e in quelle coi plateau. Troppa sugna viscida sotto, dove? Le unghie? Mah, io la vedo anche sopra. Fuori. Là. Fuori.
Ci sono pile di merda che in media, calcolando longitudine, latitudine, clima, cultura, storia, raggiungono l’altezza di un metro e settantotto centimetri e trentacinque anni d'età.
Non ci cascherò più e se Dio vuole(non Cristo) sarò come loro, quelli pelati, con gli occhi canini e i denti suini. Quelli di prima amico mio, quelli che. Vedi caro amico. Sono qui, insieme a noi.

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